Sulky Casalini

16 agosto 2014

Sono uno di quei pochi fortunati che può orgogliosamente (?) affermare di aver viaggiato, anche se per pochi chilometri, in un Sulky.

Ovviamente ero bambino. Oggi non riuscirei ad entrarci dentro, al massimo potrei sedermici sopra.

All’epoca eravamo addirittura in tre: mio padre, il proprietario suo amico (rivenditore di auto usate e per questo l’aveva nel suo salone) ed io, cinque anni, sdraiato sulla cappelliera.

Probabilmente questa nostra performance costituisce il record di passeggeri riusciti ad entrare in questo mezzo (nel vero senso della parola, essendo l'auto lunga meno di 170 cm). Al confronto un’Ape Piaggio sembrava un’ammiraglia.

Indubbiamente brutta, ma simpatica, prima minicar a tre ruote guidabile senza patente, la Casalini l’aveva creata nel 1969, in maniera sorprendentemente lungimirante, oltre che per consentire a chi non avesse patente di guidare qualcosa che assomigliasse ad un’automobile, per “risolvere i problemi del traffico urbano”.

Probabilmente erano troppo in anticipo sui tempi considerando che erano i primi anni settanta (e che la Smart nascerà venticinque anni dopo).

Montava un motore Minarelli con cambio a tre marce ed era disponibile sia con il volante che con il manubrio. Faceva 50 km con un litro di miscela e poteva lanciarsi fino a 45 km/h.

Nell’immaginario collettivo di noi amanti del cinema di serie B resterà sempre l’auto con cui si muovevano Lino Banfi e Francesca Romana Coluzzi (attrice che superava il metro e ottanta) in “Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia”.

Pere che il pompelmo faccia mele…




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